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Sette giorni fra media e razzismo / 6

L'Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, in visita in Italia, esprime preoccupazione per il pacchetto sicurezza, i Cie, i respingimenti, gli sgomberi dei campi rom. E chiama in causa i media perché alimentano "pericolosi pregiudizi" verso rom, sinti e migranti. E su Navi Pillay cala il silenzio stampa
13 marzo 2010 - l. g.

13 marzo

L'Alto commissario dell'Onu accusa anche i media

Navi Pillay è una magistrata sudafricana e ricopre un incarico importante: Alto commissario dell'Onu per i diritti umani. In questa veste ha visitato le aree più calde del pianeta, dalle zone di guerra ai paesi sottoposti a regimi asfissianti e liberticidi. Pillay tuttavia non trascura di tenere "sotto osservazione" i paesi considerati democratici, perché anche lì, in altre forme ma in modo non meno grave, possono aversi soprusi, oppressioni, violazioni continuate dei diritti umani. Arrivata in Italia e ancora prima di visitare due campi rom nella capitale, Pillay ha citato le politiche dei "respingimenti" in mare, le condizioni di soggiorno nei Cie, gli sgomberi dei campi rom come elementi di preoccupazione per il suo ufficio. Pillay è entrata nello specifico su alcuni punti del "pacchetto sicurezza", in particolare sull'aggravante penale per irregolarità con il permesso di soggiorno, e ha mostrato d'essere bene informata sul pogrom di Rosarno: "Sollecito le autorità - ha detto, come riportato da Umberto De Giovannangeli sull'Unità (l'unico articolo andato oltre le scarne notizie di agenzia) - a portare i responsabili davanti alla giustizia e ad attuare politiche di prevenzione di questi fenomeni [...] mi auguro sia assolutamente chiaro che è responsabilità delle pubbliche autorità assicurare che i migranti non siano stigmatizzati, calunniati o aggrediti".

Navi Pillay Venendo da lontano, e forte della sua esperienza, Pillay è riuscita a dire con poche, chiare parole, ciò che in Italia è indicibile: ad esempio che "c'è il rischio di tenere la migrazione all'interno dei confini della sicurezza. Si tratta di un approccio riduttivo che alimenta sfiducia e paura". Tutte queste osservazioni hanno avuto qualche (debole) risalto sulla carta stampata (non in tv) e hanno suscitato una certa irritazione negli ambienti governativi, specie all'indomani della visita ai due campi rom di Roma. Pillay, al termine dei sopralluoghi, ha detto di essere rimasta "molto disturbata" e di avere avuto la sensazione d'essere in uno dei paesi più poveri del mondo e non in una nazione che si vanta d'essere fra le più industrializzate del pianeta. Ma questi giudizi sono stati pressoché ignorati dai media, probabilmente perché riferiti ai campi rom, argomento trattato in Italia pressoché a senso unico, dando cioè per scontato che i "campi nomadi" - come sono ipocritamente chiamati dalle istituzioni e quindi dai media, anche in questo succubi di scelte linguistiche e ideologiche altrui - siano la soluzione "naturale" per le popolazioni rom e sinte (e spesso anche non rom e non sinte). Nelle baraccopoli che ha visitato - ha riferito l'Ansa, con un servizio dell'11 marzo ignorato da tutti i maggiori media - Pillay si è resa conto, parole sue, che "molti rom non sono nomadi" ma "cittadini italiani che non vogliono vivere nei campi. E quasi tutti hanno espresso come massima aspirazione quella di trovare un lavoro, una casa e di avere l'istruzione a scuola per i figli". E' rimasta senza eco anche un'altra osservazione espressa della Pilay nel suo secondo giorno italiano: in Italia, ha detto, ci sono "pregiudizi pericolosi", sia nel mondo politico sia nei media: "Dipingere rom, sinti e maghrebini come criminali e noamdi può portare delle tensioni".

Il silenzio stampa calato sull'Alto commissario è la più eloquente ammissione di colpa che i media potessero offrire (nell'allegato l'unico articolo uscito sui maggiori giornali - a pagina 20 del Sole 24 Ore - a meno di non considerare anche la notizia in breve di Repubblica, sempre a pagina 20). E non è certo un caso che sui giornali della capitale (in particolare il Messaggero e il Tempo, ma nelle pagine locali) il silenzio sulle parole di Navi Pillay sia stato affiancato da sdegnate critiche al rapporto sugli sgomberi a Roma reso pubblico da Amnesty International. L'organizzazione per i diritti umani sostiene che la chiusura di alcuni campi abusivi a Roma e la redistribuzione di alcune centinaia di persone in siti più periferici, ha condotto a nuove discriminazioni. Il sindaco e il prefetto, affiancati dalle testate citate, hanno difeso il "piano nomadi" - si chiama così - dimostrando che Navi Pillay non ha torto a parlare di pregiudizi, visto che nelle repliche ad Amnesty si è puntato su un unico argomento, l'invivibilità dei campi sgomberati (che nessuno contesta, anzi), senza affrontare i temi dei diritti violati e della discriminazione che continua con il confino in campi sempre più remoti dal resto della città.

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