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Sette giorni fra media e razzismo / 4

La solita demagogia pre elettorale, stavolta col paradosso del diritto di voto. Un vademecum contro gli stereotipi, che meriterebbe di arrivare sui tavoli di tutte le redazioni
28 febbraio 2010 - l. g.

22 febbraio

Demagogia elettorale


Come sempre, all'avvicinarsi di una scadenza elettorale, gli "imprenditori politici della paura" alzano i toni e passano all'incasso dei voti. Era accaduto con le Europee dell'anno scorso, quando il presidente del consiglio tuonò contro le "città multietniche", solleticando le oscure pulsioni di  molti cittadini, che vengono spinti a diffidare dele trasformazioni avvenute nella nostra società, e quindi a rifiutarle, anziché conoscerle.

Stavolta l'affondo è più fantasioso: il presidente del consiglio sostiene che "la sinistra" vuole favorire l'arrivo di immigrati perché conta di averne i voti. Come sappiamo "la sinistra", cioè le amministrazioni e i governi di centrosinistra non hanno mai favorito l'immigrazione, anzi: basti pensare alla Turco-Napolitano, anticipazione della Bossi-Fini, al pacchetto sicurezza del governo Prodi, alle ordinanze di tanti sindaci (dai lavavetri fiorentini in poi). In Italia, questa è la verità, prevale in tutto il mondo politico un atteggiamento di ostilità verso i diritti dei migranti; destra e sinistra hanno scelto di assecondare le diffidenze diffuse nella popolazione e di competere sul mercato politico della paura. E' una competizione che si gioca inevitabilmente al rialzo.

Quanto al voto degli immigrati, è noto che la loro preferenza per la sinistra è tutta da dimostrare, e anzi molti elementi fanno pensare che una prevalenza del genere non vi sia (fra i migranti dall'Est Europa la preferenza per la destra, stando alle indagini effettuate, è largamente maggioritaria). Il diritto di voto, comunque sia, è di là da venire e ciò che rende paradossali le dichiarazioni del capo del governo è un'osservazione molto semplice: se davvero gli immigrati potessero votare, la stessa destra al governo cambierebbe radicalmente le proprie politiche sull'immigrazione: anziché criminalizzare gli stranieri dovrebbe offrire garanzie e tutele, non foss'altro che per guadagnarne il voto. La demagogia purtroppo regna, favorita da un sistema dell'informazione incline ad accogliere dichiarazioni e prese di posizione così come sono, senza passare ad alcun vaglio critico.


26 febbraio

Vademecum anti stereotipi


L'associazione "I banda larga" ha realizzato un "prontuario" che smentisce punto per punto i pregiudizi e gli stereotipi sulla condizione degli immigrati. E' un piccolo, prezioso strumento, che ad ogni "verità" di senso comune oppone cifre e considerazioni, pescando via via nelle fonti statistiche, storiche, sociologiche a disposizione. E' un documento che ogni cronista dovrebbe tenere sotto mano, perché il rumore di fondo attorno a questi temi è così alto che la caduta nel luogo comune è frequentissima e basterebbe un po' di accortezza per offrire ai cittadini un'informazione migliore.

Prendiamo il campo del lavoro. Il dossier prende in esame una diffusa argomentazione, che è valsa alla Lega Nord una bella fetta di consensi nella classe operaia: "Vengono qua e ci rubano il posto, lavorando in nero". Il dossier mostra che quasi tutti gli stranieri con permesso di soggiorno (il 92%) sono iscritti all'Inps (e in altra parte del documento si fa notare come il contributo dei lavoratori stranieri alla previdenza sia cospicuo e a vantaggio degli autoctoni, perché gli immigrati versano più di quanto non ricevano). Il 72% degli stranieri, poi, svolge mestieri non specializzati, il resto ha ruoio impiegatizi o dirigenziali; fra gli italiani le percentuali si capovolgono (37% di lavori manuali). Le cifre confermano insomma che gli immigrati fanno lavori ormai rifiutati dagli italiani. Il lavoro nero riguarda invece gli stranieri "irregolari", che sono però obbligati a questa condizione: basterebbe sanare la loro posizione, concedendo il permesso di soggiorno, per azzerare questo fenomeno, ma si tratterebbe - evidentemente - di avviare una campagna su larga scala contro il lavoro nero, che è assai gradito non ai lavoratori stranieri ma agli imprenditori italiani.

Le cifre sul tema della criminalità, per fare un altro esempio, ricorrono al dossier Caritas Migrantes - Redattore sociale (ottobre 2009) e a una ricerca del 2008 della Banca d'Italia per dimostrare che non ci è alcun aumento di criminalità in Italia e meno che mai legato all'immigrazione: ma questo è un tema sul quale i media stentano a prendere atto della realtà, preferendo le farraginose valutazioni di sociologi come Barbagli o Melucci, sempre disponibili per un'intervista al volo.

Potremmo moltiplicare gli esempi, e anche indicare integrazioni e possibili migliorie di esposizione e argomentazione, ma tanto vale dare un'occhiata direttamente alle singole voci (vedi allegato); diciamo comunque che il dossier,  dedicato dagli autori "alla sciura Maria", andrebbe invece dedicato al "giornalista che non c'è" e recapitato a tutte le redazioni di tutte le testate italiane. Forse l'Ordine dei giornalisti potrebbe farne un'edizione ad hoc, da integrare magari con la Carta di Roma e con il glossario messo a punto da Giornalisti contro il razzismo. Ma per arrivare a tanto ci vorrebbero un'umiltà e un'onestà intellettuale, in chi governa l'Ordine, che al momento proprio non ci sono.

 

Il Diario numero 3

 

Allegati

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