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Sette giorni fra media e razzismo / 3

Un rapporto dell'Osservatorio parlamentare sulla xenofobia lancia l'allarme sulla "cultura" giovanilee Gianfranco Fini si appella ai giornalisti; la nascita dell'Ansi e il coraggio che servirebbe
21 febbraio 2010 - l. g.

18 febbraio

L'emergenza razzismo ammessa dalle istituzioni

Che l'Italia sia in piena emergenza razzismo è noto in tutta Europa, anche se i media nazionali sul punto preferiscono glissare, causa - evidentemente - coda di paglia. Nemmeno un intervento che più ufficiale non si può, come il rapporto commissionato dal neonato Osservatorio della Camera dei deputati sui fenomeni di xenofobia e razzismo è riuscito a fare breccia. E dire che si tratta di un organismo rigorosamente bipartisan e che il rapporto è stato presentato con tutta l'ufficialità possibile.

Il presidente della Camera Gianfranco Fini si è anche rivolto direttamente ai media: "Da presidente della Camera faccio appello per un'informazione che non presti il fianco ad aumentare l'ignoranza" ed è addirittura arrivato a fare esempi che ci sono - ahinoi - assai familiari: "Quando, per comodità espressiva", da detto Fini, "si titola: violentata donna da un immigrato, specificandone l'etnia, è chiaro che si determina un aumento di quella ignoranza, nel senso letterale del termine, di non sapere, e dei pregiudizi".

Il rapporto di Swg e Iard Rps, poi, è impietoso e allarmante soprattutto per quel che dice sull'atteggiamento dei giovani: il 45% è definito "chiuso verso l'immigrazione"; le percentuali delle categorie opposte - "xenofobi" e "inclusivi" - sono identiche: 19%. Di tutto questo in tv e sui giornali si è riferito poco e male (fra le rare eccezioni, l'articolo in allegato di Corrado Giustiniani sul Messaggero). La ricerca conferma quel che già intuivamo: stiamo crescendo una generazione di persone che coltivano ostilità verso i diversi e gli stranieri, mentre il paese è sempre più una società multiculturale. E' un paradosso pericoloso. Le parole di Fini, che appartiene a una coalizione politica che ha dato e continua a dare grande spazio a posizioni xenofobe e provvedimenti illiberali verso i "nuovi italiani", si possono anche leggere come l'espressione di un ravvedimento in corso: lo capiremo col tempo. Di certo è oggi impossibile negare che vi sia un'emergenza razzismo, che è automaticamente un'emergenza democratica. Va affrontata con forza, in politica e nei media, e non solo con affermazioni occasionali.

19 febbraio

Un'idea: giornalisti stranieri nelle redazioni

E' nata a Torino l'Associazione nazionale della stampa interculturale, ospite del sindacato dei giornalisti Fnsi. E' un atto importante, perché porta alla luce un fenomeno - il giornalismo praticato da professionisti stranieri, ma in un'ottica diversa dai tradizionali corrispondenti di testate estere - che potrebbe avere un'influenza importante sul giornalismo italiano. La neo presidente dell'Ansi, Viorica Nechifor, ha spiegato così gli intenti dell'associazione: "Vogliamo contare in questo mondo della comunicazione, non adeguarci all'informazione italiana, che non ci rappresenta abbastanza. Non programmi su di noi, ma un lavorare insieme". Visto dal mondo del giornalismo italiano, ci sarebbe un'opportunità da cogliere: i media italiana sono una specie di fortino pressoché immune dal contatto con la varietà culturale e linguistica della società italiana.

L'assai scadente informazione sulle migrazioni e sulla società multiculturale nella quel siamo immersi ormai da tempo, dimostra che i giornalisti italiani avrebbero molto bisogno di confrontarsi nelle redazioni con un punto di vista diverso, quello - appunto - dei giornalisti stranieri che vivono qui, ma non i corrispondenti del New York Times o di Le Monde, bensì i giornalisti albanesi, romeni, marocchini, tunisini e così via, che magari scrivono sulle testate in lingua straniera diffuse in Italia fra gli immigrati.

Varrebbe la pena di organizzare degli stages di scambio: giornalisti immigrati nelle redazioni italiani; giornalisti italiani nei "media interculturali". Ma siamo maturi per un passo del genere? Le organizzazioni dei giornalisti autoctoni non brillano per capacità propositiva. Anna Meli del Cospe, durante la presentazione dell'Ansi a Torino, ha osservato: "Dagli anni '90 poco è cambiato. L'informazione è parziale, il linguaggio non adeguato. L'Ansi rappresenta la volontà dei giornalisti stranieri di farsi sentire di più". Speriamo che arrivi davvero una scossa.

IL DIARIO DEL 13 FEBBRAIO 

Allegati

  • Il Messaggero - 19-02-2010 (127 Kb - Formato pdf)
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