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Com'è facile smascherare la bufala

La "notizia" del tentarto rapimento di un bambino da parte di due rom è diffusa con evidenza. Ecco come gli studenti della scuola di giornalismo hanno capito che era l'ennesima bufala: chiedendo alle parti in causa, facendo un piccolo approfondimento. Un caso esemplare
29 ottobre 2008

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 Carmen M. T. Valisano

Come ti smonto la bufala
Non erano ladri di bambini


È il 19 maggio quando le agenzie battono la notizia di una presunta aggressione ai danni di una madre e della sua bambina da parte di due giovani rom nel parcheggio di un centro commerciale della periferia di Catania. Il fatto sarebbe accaduto qualche giorno prima, il 15.

Poche ore dopo e la notizia si trasforma: dalla presunta aggressione si passa al tentato sequestro di minore, con tanto di indifferenza delle persone che avrebbero assistito al fatto. Prima i giganti dell'informazione nazionale (Corriere e Repubblica tra gli altri), poi l'unico quotidiano locale non esitano a parlare della storia dei "ladri di bambini".

Il sospetto che qualcosa nel passaggio tra il lancio d'agenzia e la notizia data dagli organi di stampa fosse stato estremamente ingigantito è saltato agli occhi di qualcuno in redazione: «Ragazzi, questa notizia è falsa» e pian piano ce ne rendiamo sempre più conto. Ma cosa fare? I nostri mezzi sono limitati, finora ci siamo occupati di cronaca universitaria, inchieste e reportage cittadini, ma la nera no! Per quella ci vogliono i contatti, il tempo, il fiuto. «Purtroppo non siamo la redazione di un quotidiano» commenta amaramente qualcuno.

Decidiamo lo stesso di provarci e così - in una pausa tra l'esame di spagnolo e quello di comunicazione - alcuni di noi vanno più volte all'ipermercato dove si sono svolti i fatti. Si parla con i commercianti, con i vigilantes, con chi va ogni giorno a fare la spesa e con le cassiere.

Il centro commerciale Auchan si trova nel quartiere di San Giuseppe La Rena, un angolo di Catania incastrato tra l'aeroporto, il lungomare e l'autostrada. Tra i capannoni e i grossi pilastri dei ponti si annida un campo rom. È da lì che vengono Viorica e Sebastian, i ventenni sbattuti in prima pagina con le foto a colori dei loro visi un po' beffardi, come se tentassero di mascherare la paura. È un campo un po' particolare: i ragazzi che vivono tra quelle baracche frequentano la scuola attraverso un progetto della Caritas. Si tengono così lontano dalla strada, si cerca di dare loro un po' di istruzione, si prova a far funzionare quel concetto di "integrazione" che tante volte viene sbandierato senza cognizione di causa. E quattro giorni dopo le ruspe cancellano via i miseri averi di persone costrette a fuggire nottetempo, cacciate chissà dove.

Quando arriviamo nel parcheggio, ovviamente non diciamo che siamo giornalisti - o almeno aspiranti tali - e scambiamo qualche chiacchiera tra gli scaffali dei detersivi. Quando torniamo in redazione, abbiamo la certezza che alla base di tutto il polverone che nel frattempo ancora infuria probabilmente c'è solo un enorme malinteso.

I due rom erano conosciuti dagli habitué del supermercato: chiedevano alle volte l'elemosina all'ingresso; oppure si offrivano di riportare i carrelli della spesa al loro posto in cambio della moneta al suo interno.

La scena allora cambia: i giornali scrivono di una madre che - dopo aver negato non si sa con quanta fermezza - l'elemosina a Viorica, vede quest'ultima dirigersi verso il carrello sul quale siede la figlia di tre anni. La donna pensa che la giovane voglia portarle via la figlia, spaventata probabilmente dal clima decisamente pesante seguito all'altro presunto tentativo di rapimento da parte di una rom nel napoletano. Chissà, invece, se l'intenzione di Viorica non sia stata un'altra.

Nel frattempo il quotidiano La Sicilia fa una piccola rettifica, sei giorni dopo il primo lancio: «forse l'allarme sociale, almeno a Catania, potrebbe essere ingiustificato» si legge. E la redazione insorge. «Non fare il proprio mestiere (non come noi, che siamo studenti, ma come giornalista che viene retribuito per questo) è normale, e farlo diventa un merito? Per di più in ritardo e dopo essere stati irresponsabili», si legge in una delle centinaia di mail che arrivano a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Attraverso contatti personali e caffè promessi a un bel po' di gente, si trovano due contatti essenziali: la difesa e l'accusa, l'avvocato e il pm. La prima si mostra ovviamente cauta così come la sua controparte, ed entrambi riconoscono che in tutta la storia c'è qualcosa di anomalo. A cominciare dai video di sorveglianza che nessuno si è preso la briga di acquisire e che sono andati distrutti dopo le canoniche 24 ore.

Nel frattempo si arriva alle porte dell'estate, i giornali sembrano aver dimenticato i ladri di bambini e Viorica attende in un carcere di Agrigento, mentre Sebastian - libero in attesa del giudizio - cerca notizie della compagna tramite il loro avvocato.

La sentenza che assolve i due ragazzi arriva solo a settembre, dopo quasi cinque mesi di reclusione. Il giudice probabilmente non ha «ravvisato l'intenzione di sottrarre la bambina alla madre». Quello che nella pratica abbiamo sostenuto in tutti questi mesi, contro un'informazione che si è dimostrata frettolosa e poco accurata. A darcene conferma sono le poche righe sul quotidiano La Sicilia; nulla - invece - sui giornali più letti o nei tg.

Durante tutta l'inchiesta, il web ci ha dato un enorme aiuto per mettere parecchie pulci nelle orecchie a quanti più internauti possibili: blog più o meno ufficiali di persone più o meno autorevoli ci hanno citato come fonte, uno dei massimi riconoscimenti che si possano raggiungere in questo mestiere e ai giorni nostri.

Il web però ci tradisce ancora (per fortuna la carta no). Oggi, se utilizziamo le parole di ricerca "rom, rubano, bimba" quello che salta fuori è il primo titolo, quello che diede il via a tutto: «Catania, arrestati due rom "Hanno tentato di rapire mia figlia».

 

 

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