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12 febbraio 2011 - Carlo Gubitosa

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I freelance tra precariato e sindacato

Festeggiate come vi pare, ma almeno diteci chi sono gli invitati

Lettera aperta a Giovanni Negri (Presidente Associazione Lombarda Giornalisti) sulle sue dichiarazioni per il nuovo contratto nazionale di lavoro giornalistico
27 maggio 2009 - Carlo Gubitosa

Logo FNSI

Alla cortese attenzione di Giovanni Negri - Presidente Associazione Lombarda Giornalisti.

E P.C.
- Roberto Natale, presidente FNSI
- Franco Siddi, segretario FNSI
- Mailing list "Senza Bavaglio"
- Webzine "Il Barbiere della Sera"

Gentile dott. Negri, ho letto con interesse il comunicato di Stampa Democratica del 27 maggio scorso intitolato "I contratti non sono mai piaciuti", da lei sottoscritto in qualita' di presidente dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti.

In particolare mi ha colpito il riferimento ai "piu' deboli" contenuto in coda al testo: "E’ un contratto che dà opportunità, conserva le garanzie, limita i sacrifici, difende i più deboli, crea le basi per gestire il futuro attraverso la contrattazione. E’ quanto basta per dire sì".

Ma chi sono davvero i piu' deboli nel settore del giornalismo?

Dal mio punto di vista sono i freelance non contrattualizzati e non difesi da nessuno, e tra questi quelli che lavorano per una testata online. Personalmente mi sono stati offerti due euro a pezzo per la produzione di contenuti all'interno di un sito di dibattito e analisi politica creato in occasione delle ultime elezioni, offerta che ho ovviamente rifiutato per quel briciolo di dignita' professionale che mi e' rimasta.

Per i freelance e i precari della carta stampata e del web le tutele del contratto non sono valide, e restano abbandonati alla "libera" trattativa con l'editore, in un libero mercato dove le libere volpi sfruttano il lavoro delle libere galline.

Che i freelance siano fuori dalle coperture del contratto nazionale di lavoro giornalistico me lo ha chiarito anche Franco Abruzzo, personaggio sul quale si possono muovere tante critiche (a cominciare dalla copertura offerta al collega Renato Farina, pagato dal Sismi per fare depistaggi con articoli falsi e salvato grazie all'intervento di Abruzzo da una meritata radiazione dall'ordine nazionale) ma a cui comunque va riconosciuta una approfondita conoscenza della normativa che regola la professione giornalistica.

Dopo aver ricevuto le mie critiche sulla totale assenza di qualsivoglia disposizione a tutela dei giornalisti piu' deboli nel nuovo contratto di lavoro (sarebbe bastato inserire nel contratto un semplice impegno formale a rispettare la legge 231/2002 che prevede il pagamento dei pezzi a 30 giorni dalla consegna, ma non c'e' stato nemmeno quello) Abruzzo mi ha risposto in punta di diritto per definirmi "vittima della propaganda di alcuni movimenti/correnti sindacali che promettono miracoli per  i liberi professionisti. Sono balle. Il Cnlg Fnsi/Fieg riguarda soltanto i giornalisti dipendenti". A seguire una sfilza di riferimenti legali e contrattuali che le risparmio per non abusare della sua pazienza, ma che confermano con disarmante chiarezza e su solide basi giuridiche l'amara verita': il contratto di lavoro riguarda solo chi lavora "sotto padrone", come si diceva un tempo.

Ora non so se la mia confusione di idee nasce dalla propaganda altrui, come dice Abruzzo, o semplicemente dalla mia candida ingenuita' nel dare per scontato che un sindacato unitario dei giornalisti debba tutelare tutti per definizione e includere necessariamente tutte le categorie di giornalisti nella contrattazione nazionale. Io propendo per la seconda ipotesi.

In ogni caso, indipendentemente dalle cause di confusione andrebbe detto con piu' chiarezza che i freelance non c'entrano nulla con il contratto nazionale che riguarda i giornalisti dipendenti, e che le lamentele dei liberi professionisti sul nuovo contratto di lavoro non hanno ragione d'essere, perche' questo contratto non riguarda i freelance e non c'entra niente con i giornalisti che lavorano da casa sollevando l'azienda dal mettere a disposizione locali, luce elettrica, collegamento internet, assicurazione antinfortunistica, ferie pagate, copertura per malattie e altri vecchi orpelli da articolo 38 della costituzione che si conciliano male con la nuova economia dei media.

Non entro nel merito delle questioni sollevate nel comunicato: nessuno vieta i festeggiamenti di chi pensa in buona fede di essere beneficiato dal nuovo contratto o che questo sia il migliore dei contratti possibili, ma che sia ben chiaro per chi e' stata allestita la festa, apparecchiata la tavola e imbandita la mensa. Altrimenti qualcuno potrebbe pensare erroneamente di essere stato invitato, poi entra nella sala, vede che non ci sono piu' posti a sedere e che per lui non e' rimasto nemmeno un salatino, si arrabbia e si lamenta, ma la colpa e' sua che ha capito male e' si e' infilato una festa dove non c'entrava niente.

E questo apre tanti problemi lasciati in sospeso per chi non ha niente da festeggiare con questo nuovo contratto di lavoro.

Non pensa che una trattativa migliore avrebbe garantito un minimo di tutela, almeno sui tempi certi dei pagamenti, anche per noi che veniamo pagati "a pezzo" o con cessione di diritti d'autore, non abbiamo la fortuna di avere le spalle coperte da un contratto di assunzione, non siamo stati reclutati e assunti quando la categoria era ancora forte, abbiamo visto le nuove tecnologie utilizzate come strumento per svalutare il lavoro giornalistico anziche' come trampolino per migliorarne la qualita', siamo relegati nel ghetto previdenziale di una "gestione separata" che ci tutela molto meno degli ombrelli previdenziali istituiti per i contrattualizzati?

Che dire di noi che abbiamo come unica prospettiva quella di veder crollare ulteriormente i nostri compensi senza nessuna garanzia contrattuale, nessun tariffario applicabile, nessun sussidio di disoccupazione, nessuna delle tutele garantite alle generazioni di giornalisti che ci hanno preceduto?

Che dire di noi condannati a vita a prestazioni sottopagate, dove un'ora di giornalismo dopo anni di carriera vale meno di un'ora di ripetizioni ad uno studente delle medie fatta da uno studente universitario, e gli editori giustificano lo sfruttamento del cognitariato piangendo lacrime di coccodrillo per la crisi e glissando sui fiumi di contributi pubblici che comunque continueranno a ricevere per ingrassare gli stipendi dei dirigenti?

Su tutto questo si continua a tacere, e i freelance rimangono gli schiavi invisibili dei media. Visto che questi problemi sono stati ignorati nella stesura di quello che i vertici FNSI hanno definito come il "migliore dei contratti possibili", non mi sorprenderebbe se i giornalisti utilizzati per produrre il 60% dell'informazione italiana concludessero di non essere rappresentati dal "migliore dei sindacati possibili", e decidessero di organizzarsi autonomamente con una piattaforma molto realistica: il rispetto della legge. In base alla legge 231/2002 devi pagarmi a trenta giorni dalla prestazione (e non dalla pubblicazione). Il mio record personale stabilito con un grande quotidiano a diffusione nazionale e' di 428 giorni, 19 ore, 38 minuti e 1 secondo, misurati dall'invio del pezzo alla ricezione del bonifico. Le violazioni sistematiche di questa norma sono un problema e una priorita' della FNSI oppure no? Basta dirlo, basta capirsi. Meglio una brutta verita' con cui fare i conti di una bella bugia dove un sindacato unitario tratta tutti allo stesso modo.

Se siamo abbandonati a noi stessi, basta dirlo chiaramente e ci regoleremo di conseguenza: visto che non hanno nessun potere contrattuale, ne' hanno chi li rappresenti efficacemente in sede di trattativa con gli editori, i freelance farebbero meglio a crearsi un sindacato autonomo e a organizzarsi collettivamente praticando la messa in mora sistematica degli editori che non rispettano gli obblighi stabiliti dalla legge 231/2002. Questo suggerimento e' arrivato a mezza bocca da vari addetti ai lavori, ma se e' vero che questo e' l'unico percorso possibile per i freelance, la FNSI farebbe meglio a dirlo pubblicamente e a voce alta.

Tutto cio' premesso e chiarito, mi permetto cortesemente di suggerire una possibile correzione al passaggio finale del comunicato di Stampa Democratica da lei firmato, per renderlo piu' chiaro e meno ambiguo:

"E’ un contratto che dà opportunità, conserva le garanzie, limita i sacrifici, difende i più deboli TRA I GIORNALISTI DIPENDENTI, crea le basi per gestire il futuro DEI GIORNALISTI DIPENDENTI attraverso la contrattazione. E’ quanto basta per dire sì NONOSTANTE L'ASSENZA DI TUTELE PER I FREELANCE E I LIBERI PROFESSIONISTI PRECARI".

Cosi' si capisce molto meglio di cosa stiamo parlando.

Giacche' ci siamo si potrebbe cogliere l'occasione per completare questa opera di chiarezza aggiornando anche lo slogan di Stampa Democratica, che alla luce delle recenti evoluzioni della professione potrebbe essere modificato in questo modo per non lasciare spazio ad equivoci:

"Sempre da una parte sola. Quella dei giornalisti DIPENDENTI".

Cordiali Saluti

Carlo Gubitosa
(Giornalista pubblicista precario freelance che fortunatamente vive di altri mestieri)




Si riporta di seguito il comunicato di "Stampa Democratica":

---

Stampa Democratica

fondata da Walter Tobagi

Sempre da una parte sola. Quella dei giornalisti.

I CONTRATTI NON SONO MAI PIACIUTI

La caratteristica dei nostri Contratti di lavoro è che non piacciono. Non sono piaciuti e sono stati aspramente contestati anche quelli con i mitici aumenti di 700mila lire (anni Novanta), firmati dall’allora segretario della Fnsi Giorgio Santerini. Figuriamoci quello appena firmato da Franco Siddi. Eppure, visti i tempi che corrono, è un buon contratto. Un contratto di difesa l’ho definito. Ma per una parte di categoria è il male assoluto. Lascio perdere la malafede. Cerco di affrontare in sintesi alcuni punti tra i più controversi. Il dettaglio completo lo trovate nel prossimo numero di Giornalismo, tra pochi giorni “in edicola”, con i commenti di Daniela Stigliano e Guido Besana,  vicesegretari Fnsi, che hanno partecipato alle trattative con la Fieg.

C’è una fortissima polemica da parte dei CdR “più forti” sulla “rottamazione dei sessantenni”. Non c’è verso di far capire che l’art. 33 è stato migliorato. Un’azienda non può pensionare nessuno: può farlo solo dopo una trattativa sindacale, seguendo le procedure stabilite dall’allegato D che ne comprovino effettivamente lo stato di difficoltà. Chi va in pensione? Chi ha 35 anni di contributi (nel contratto precedente ne bastavano 30) e un’età che parte dai 59 anni per il 2009 fino ai 62 dal 2014 in poi. Si lascia il lavoro con la pensione piena. Il problema è che si lascia in anticipo rispetto ai 65 anni. Un sacrificio evidente, certo. Ma sarebbe un sacrificio ben maggiore se, per tenere in redazione chi potrebbe andare in pensione, si mettesse in Cassa integrazione a 1000 euro al mese chi ha 45 anni, moglie, figli e il mutuo da pagare.

Altro argomento contestato è la legge 276 che regola il distacco. Gli editori non ne volevano parlare. Il perché è chiaro. Le norme di legge avrebbero consentito agli editori di mandare un giornalista a lavorare per un’altra azienda diversa da quella di provenienza. Il distacco è stato limitato al passaggio da una testata di un’azienda a una testata di un’altra azienda,  ma controllata dalla stessa società. Il sindacato è riuscito a ridurre al minimo gli effetti devastanti della legge. Possiamo sostenere che le leggi si applicano per tutti a eccezione dei giornalisti?

L’art. 22 del vecchio contratto non vieta il trasferimento di un giornalista: se non accetta si può dimettere con diritto all’indennità di preavviso. Oggi la possibilità di dimettersi scatta quando il trasferimento supera i 40 chilometri. Chi critica prevede sfracelli. Non ho la sfera di cristallo, mi baso su quanto è accaduto negli ultimi cinque anni. Ho verificato con i nostri studi legali se sono in corso o ci sono state cause legate a trasferimenti. Ho parlato con i CdR della Lombardia. Non risulta alcun trasferimento coatto e non mi sembra che la categoria sia stata massacrata dall’art. 22. Essere preoccupati è giusto, ma speculare e strumentalizzare le preoccupazioni con scenari da incubo mi sembra quantomeno irresponsabile.

I precari assunti con contratti a termine non avranno un contratto depotenziato ma hanno il trattamento da RO. Un passo in avanti. Guadagneranno circa il 20 per cento in più

Gli scatti sono rimasti 15 al 6 per cento. Tre biennali, 12 triennali. E c’è la moratoria di 9 mesi per chi è in regime biennale. Non c’è la rivalutazione quando si passa di categoria. Un risultato non esaltante, ma sono rimaste intatte la percentuale e la continuità. C’è chi si è esercitato a calcolare “quanto si perde” in cinque e in dieci anni, addirittura in trent’anni. Altri hanno fatto calcoli diversi per dimostrare che non si perde nulla. Esco dai numeri. Mi sapete dire cosa sarà e come sarà il mondo della carta stampata tra cinque anni?

Il contratto riguarda i giornalisti dipendenti e per il lavoro autonomo l’accordo sui tempi di pagamento è insufficiente. L’accordo sul welfare e le delibere Inpgi aiutano i cococo. Per i veri freelance il problema è di legge, e qui sta la critica: il sindacato doveva fare lobby per ottenere dal governo regole per il popolo delle partite Iva, dove non ci sono solo i giornalisti. Un’altra legge, appunto.

C’è chi sostiene che era meglio non rinnovare il contratto e tenerci quello vecchio che non c’era più. E allora si abbia il coraggio di dire che le crisi si sarebbero affrontate solo con i prepensionamenti e con le penalizzazioni delle pensioni che l’ultimo CdA dell’Inpgi ha eliminato, recependo l’accordo sindacale sulla gestione degli stati di crisi. La legge 276 sul distacco verrebbe applicata in tutte le sue articolazioni. I precari avrebbero un contratto depotenziato. L’allegato N sarebbe ancora in vigore. Multimedialità non regolata. Aumento solo con gli euro della vacanza contrattuale e addio contrattazione.

Il nuovo contratto ha portato l’aumento dei minimi: a maggio 140 euro con l’arretrato di aprile. L’anno prossimo 125 euro. Nel 2011 ci sarà l’adeguamento della parte economica, e poi un altro contratto, in condizioni economiche senz’altro migliori di oggi.

E’ un contratto che dà opportunità, conserva le garanzie, limita i sacrifici, difende i più deboli, crea le basi per gestire il futuro attraverso la contrattazione. E’ quanto basta per dire sì.

Giovanni Negri
Presidente Alg

Milano, 27 maggio 2009

 

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